Title Image

Il bullismo

Il bullismo

IL BULLISMO, per esempio, è una reazione di aggressione /attacco; è un fenomeno che si manifesta in particolare nell’età adolescenziale che cercheremo di spiegare scientificamente in accordo con la teoria biologica della mente. Prendiamo, quindi, in considerazione:

  • A) la percezione dello spazio interno.
  • B) la percezione dello spazio esterno.
  • C) la loro interrelazione.

A – Considereremo, quindi, l’apparato muscolo-scheletrico come il sistema fisico di riferimento su cui lo spostamento causato dall’energia viene mappato dando origine a percorsi neurali.

Durante l’adolescenza i bracci delle leve dell’apparato muscolo-scheletrico sono in continua evoluzione, così come l’energia muscolare che li aziona; il sistema di riferimento su cui l’energia dei due spazi deve allinearsi è perciò instabile e cambia rapidamente. D’altra parte, il substrato biologico, responsabile dell’attività dei neurotrasmettitori: ritmo e velocità sinaptica è alterato da una tempesta ormonale tipica dell’età dell’adolescenza. In ultima analisi il ragazzo ha difficoltà a percepire il proprio spazio/corpo (punto fondamentale di riferimento secondo la teoria biologica della mente) in modo consapevole; allo stesso tempo trova difficoltà a capire la sua identità sessuale e il passaggio dalla fanciullezza alla vita adulta.

  1. B) – A queste difficoltà di origine biologica e insieme psicologica dello spazio interno, si aggiungono quelle causate dall’ambiente esterno: la famiglia e la società globale, multietnica, tecnologica avanzata. La famiglia di provenienza spesso non riesce ad assolvere al suo principale compito che, secondo noi, è quello di essere un valido punto di riferimento esterno (non attaccamento come la psicologia tradizionale intende), indispensabile per l’adolescente che in questo periodo particolare della vita non può contare sul suo riferimento interno per interpretare in modo adeguato l’ambiente esterno. Nella società attuale il contesto familiare, da un lato, perde in unità e autorità, dall’altro, si arricchisce di variabili quali il paese di provenienza, la cultura, la religione, l’etnia, l’educazione, lo stato di salute, le condizioni economiche ecc. Tutte queste condizioni e variabili vengono espresse e rappresentate nell’ambiente scolastico in cui i ragazzi, privi di un parametro di riferimento interno certo (il proprio corpo), si trovano ad interagire e a confrontarsi tra loro. Il loro rendimento/risposta, inoltre, è sottoposto a valutazione e giudizio. In tale ambiente anche il punto di riferimento esterno, quale potrebbe essere la figura genitoriale, viene sostituita dagli insegnanti. Niente di quanto appena descritto riesce a dare al ragazzo un sistema di riferimento certo in attesa che il proprio acquisti stabilità. E qui possiamo intravedere il punto di rottura con quella che è stata l’adolescenza delle passate generazioni e il superamento della stessa con quella degli attuali adolescenti. Che cosa è cambiato? Di certo non le problematiche di origine biologica e psicologica tipiche dell’adolescenza e relative allo spazio interno; la causa quindi deve essere ricercata nella influenza che la società tecnologica avanzata ha sulla famiglia e sulla struttura del sé.

C)- Gli adolescenti attuali invece di essere supportati e seguiti da una famiglia unita e attenta sempre più spesso sono lasciati soli in compagnia di video giochi, playstation, tv, tablet, smartphone ecc. mentre le aspettative dei genitori diventano sempre più esigenti e le richieste della società sempre più selettive e poco aderenti ai bisogni effettivi dell’individuo. In altre parole il riferimento e il supporto che dovrebbe essere dato dalla famiglia viene sostituito in gran parte da attrezzi tecnologici responsabili di uno sviluppo cognitivo comportamentale deficitario e patologico, come sopra illustrato. Essi sono attraenti, facili da usare e pensati per soddisfare la maggior parte dei falsi bisogni suggeriti e promossi dalla pubblicità scientificamente divulgata; riescono a soddisfare anche l’illusione dei genitori di avere sotto controllo i propri figli. Nelle mani di adolescenti, però, non ancora in grado di gestire il proprio sé, diventano “un’arma” micidiale, estremamente pericolosa e potente. I modelli familiari vengono sostituiti da eroi in grado di superare qualsiasi avversità nella realtà virtuale, la capacità di percepire/capire la realtà di questi adolescenti viene travisata e ridotta così come le loro abilità cognitive e di adattamento ad una realtà fattuale sempre più articolata, difficile e complessa. La differenza tra realtà virtuale e realtà fattuale è sempre meno percepita. L’effetto che ne segue è proporzionale alla potenza della tecnologia e alla disabilità dell’utente. Se pensiamo che anche un semplice coltello da cucina non è lasciato nelle mani del ragazzo fino a che non dimostra di avere le abilità sufficienti perché non crei danno a sé stesso e agli altri, possiamo renderci conto fino a che punto anche l’adulto ignori e/o sia tenuto all’oscuro della correlazione tra deficit cognitivo psicologico comportamentale e l’uso abuso di attrezzi tecnologici apparentemente innocui, ritenuti divulgatori di conoscenza, straordinariamente alla moda  ma soprattutto motori di un vasto e redditizio mercato.

L’influenza che questi attrezzi hanno sullo sviluppo del processo cognitivo degli adolescenti varia e dipende oltre che dal corredo genetico dell’individuo da tutte le variabili dell’ambiente esterno sopra esposte. La deviazione percettiva lungo un solo asse direzionale che provocano può contribuire alla struttura di un sé ipertrofico, narcisistico o ipotrofico depresso; in entrambi i casi la percezione del Sé è alterata con conseguenti risposte/comportamenti disadattivi e/o patologici. Queste risposte poi per esigenze del sé narciso e per la potenza della tecnologia vengono rapidamente divulgate, amplificate in rete (cyber bullismo) così che la debole struttura del sé ipotrofico bersaglio viene distrutta, annientata fino a portare, alcune volte, anche al suicidio.

Tra i ricercatori e professionisti la definizione, che sembra aver guadagnato considerevole consenso, descrive il bullismo come:

  1. Comportamento aggressivo con intenzione a far male.
  2. Ripetuto nel tempo.
  3. In una relazione interpersonale caratterizzata da reale o percepito squilibrio di potere e forza.
  4. Sembra accadere senza apparente provocazione da parte della persona bersaglio.

Come più volte asserito, il bisogno primario dell’uomo è la realizzazione di sé. Il sé del bullo è un sé ipertrofico, narcisistico che a causa della difficoltà del passaggio dall’oggettivo al soggettivo non riesce a confrontarsi con gli altri, le sue capacità cognitive sono ridotte, il rendimento scolastico è spesso deludente; tuttavia l’unico modo di rispondere a questo bisogno di autorealizzazione è quello di rapportarsi con l’altro secondo la percezione che ha del suo sé; cioè:

scarsa autostima, scarsa empatia e onnipotenza.

Sulla base della nostra teoria possiamo, ora, dare una risposta al perché del comportamento del bullo: si circonda di coetanei con simili difficoltà per rispondere al bisogno di essere sostenuto, aggredisce il depresso ipotrofico perché ha capacità percettive a lui simili che permettono loro di entrare in una particolare relazione, ciò che cambia è la motivazione che li spinge ad organizzare la loro risposta: aggressiva o sottomessa; aggredire o subire. La motivazione, in particolare, dipende dall’ambiente di provenienza (famiglia, contesto) con tutte le variabili sopra accennate. Nel depresso, il bullo riesce a percepire come in uno specchio quello che per lui rappresenta la negatività, ciò che gli impedisce di autorealizzarsi e lo attacca con tutta la sua rabbia nei modi a lui possibili. Questi attacchi sono ripetuti nel tempo e nel modo. Nel tempo fino a che persiste il deficit percettivo, nel modo perché la caratteristica del processo mentale che si sviluppa lungo un solo asse direzionale dà origine a una risposta ripetitiva, di causa effetto impossibile da pianificare e quindi da controllare. Infine la persona bersaglio non provoca perché non corrisponde alla sua motivazione e non reagisce perché non è in grado di pianificare una risposta utile. Messo in questi termini, tuttavia il bullismo non può essere considerato un abuso, come alcuni ricercatori sostengono, quanto piuttosto un’aggressione alla propria negatività che il bullo vede riflessa nel suo simile; perciò: un disturbo percettivo, cognitivo, comportamentale che può essere prevenuto e/o rieducato. L’intenzionalità a far male non è diretta all’altro ma a sé stesso ed è priva di consapevolezza.

× Posso Aiutarti?