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Autismo: una nuova prospettiva

Autismo: una nuova prospettiva

Di seguito viene riportato  la versione integrale del documento che nel dettaglio introduce alla nuova prospettiva sull’autismo a cui da anni Alba Bernardini sta lavorando.

Kanner, nel descrivere l’autismo fa riferimento a due particolari “statements” che caratterizzano
questa condizione e ne rappresentano la sua essenza.
Il primo descrive la qualità della relazioni interpersonali e sociali, mentre riconosce la sua naturale
o biologica origine.
“Il fondamentale e rilevante disordine è l’inabilità del soggetto a relazionarsi in modo
normale/ordinanary a persone e a situazioni sin dall’inizio della vita (Kanner, 1943, p. 242).
Il secondo “statement” richiama il lettore a pensare come le persone con autismo utilizzano le
esperienze per riadattarle al contesto nella vita quotidiana.”
“il mondo deve sembrare loro costituito di elementi che, una volta che loro li hanno sperimentati in
una determinata risoluzione o sequenza, non possono tollerarli in qualsiasi altra risoluzione o
sequenza senza tutti gli originali ingredienti nell’identico ordine spaziale e cronologico. Quindi
l’ossessiva ripetitività” (p. 249).
Questi due aspetti del comportamento sono ancora oggi rappresentati tra i criteri diagnostici per
l’autismo: il primo come “impairments” in interazioni sociali e nella comunicazione e il secondo nel
comportamento ripetitivo e nel desiderio di uniformità.
Nonostante i rapidi progressi in neuropsicologia, epidemiologia, eziologia, diagnosi e “cognition”
e, recentemente in genetica, la comunità scientifica continua a faticare per poter identificare le cause
biologiche e i processi di sviluppo a livello neurale, cognitivo e affettivo.
Poiché l’autismo appare a vari gradi, in differenti individui e coesiste in una varietà di condizioni
mediche, fino ad ora non è stato considerato come un concetto unitario e la ricerca si è frammentata
in molti settori senza apparente possibilità di integrazione.
Secondo noi, tale integrazione va’ ricercata nel modo in cui il SNC elabora lo stimolo dell’energia
nella continua correlazione tra spazio interno e spazio esterno. A tale proposito intendiamo prendere
in considerazione la ricerca di A. Bernardini (2008) e la nuova teoria che essa propone sulla mente e
sul processo cognitivo.
Lo scopo di questa “review” è di dimostrare scientificamente come la teoria e il conseguente
metodo di A. B. applicati su soggetti autistici siano in grado di portare alla identificazione delle
cause biologiche e dei processi di sviluppo a livello neurale, cognitivo e affettivo dell’autismo
giungendo così anche ad un suo concetto unitario e a un sensibile recupero dei deficits manifestati.

INTRODUZIONE
Ricordando la similarità tra la modalità visiva e la modalità somatosensitiva, lo scopo della ricerca
di A. B. è stato quello di illustrare una teoria e una conseguente metodologia riabilitativa che si
avvale di tecniche che intervengono nella percezione del proprio corpo (spazio interno) per
recuperare la percezione dello spazio esterno (modalità visiva). Nella continua correlazione tra lo
spazio interno ed esterno, il processo cognitivo è stato considerato come il processo mentale che si
origina dalla elaborazione dello stimolo dell’energia (Teoria della psicologia Cognitiva).
In quanto insegnante di Educazione Fisica A. B. ha scoperto che il SNC elabora l’energia dello
spazio esterno come l’energia muscolare dello spazio interno (transduction mechanism) secondo i
due aspetti dell’energia (quantum meccanico e onda meccanica teoria della fisica moderna sul
movimento); perciò il processo cognitivo, il processo percettivo-motorio e l’elaborazione dello
stimolo si identificano in un solo processo. Per poter valutare il rapporto tra il quanto meccanico e
l’onda meccanica nell’unità di tempo, allo scopo di localizzare un particella nello spazio, sono
necessari un sistema di riferimento e una costante. Il corpo è il sistema di riferimento nel quale un
quanto meccanico produce un’onda meccnica (movimento/immagine spaziale) e la propriocezione è
la costante che permette la valutazione del loro rapporto. Le informazione registrate ogni millesimo
di secondo nel sistema di riferimento generano un continuum di immagini spaziali o “starting
positions” (principio di stereofotogrammetria). Ognuna delle quali è generata dalla precedente (fase
afferente) e determina la successiva (fase efferente). Secondo A. Bernardini l’elaborazione delle
informazioni, per passare da una “starting position” alla successiva, corrisponde alla più semplice
forma del processo cognitivo. Sulla base di questi principi il metodo riabilitativo di A. Bernardini
deve essere visto.
Le informazioni dello spazio esterno trasportate dalla modalità visiva, sono registrate sul sistema
di riferimento della retina secondo due assi (verticale e orizzontale). L’asse verticale distingue le
informazioni in emicampo visivo destro e sinistro, mentre l’asse orizzontale distingue le
informazioni secondo due punti opposti di vista e di applicazione della forza. Le informazioni dello
spazio interno, trasportate dalla modalità somatosensittiva, sono sottoposte alla stessa registrazione
su un sistema di riferimento costituito dai segmenti corporei. Secondo l’asse verticale le
informazioni sono distinte nella parte destra e sinistra del corpo, secondo l’asse orizzontale le
informazioni sono distinte secondo due punti opposti di vista e di applicazione della forza. Sulla
base della determinazione del punto di fissazione e del punto di origine del movimento, le
informazioni visive e somatosensitive possono allinearsi nell’unità di tempo. Il punto di fissazione e
il punto di origine del movimento corrisponde al punto di incontro tra l’asse verticale e l’asse
orizzontale del sistema di riferimento che è comune alle due modalità.
Ricordando la teoria della fisica moderna sul movimento, il SNC deve essere “attrezzato” a
elaborare i due differenti aspetti dell’energia, cioè, 1) il quantum/successione temporale delle
particelle di energia caratterizzate da alta frequenza, 2) l’onda/immagine spaziale originata dalle
particelle di quella stessa energia, nella stessa unità di tempo, caratterizzata da bassa frequenza.
Concordando con Sargent e coll. La ricerca di A. Bernardini asserisce che ciascun emisfero , sulla
base della propria competenza (LH elabora le alte frequenze, RH basse frequenze) elabora solo un
tipo di frequenza dello stimolo del lato contro-laterale del corpo e dell’emicampo visivo controlaterale,
relativo a un solo punto di fissazione e di applicazione della forza. Perciò le informazioni di
entrambi i lati del corpo e di entrambi gli emicampi visivi devono essere invertiti su entrambi gli
assi direzionali sia in fase afferente che in fase efferente. La fase afferente delle informazioni della
precedente starting position, infatti, termina con due neural pathways complementari: uno elaborato
da LH e l’altro elaborato in RH. Né l’uno né l’altro è sufficiente a definire la tridimensionalità
dell’informazione per determinare la risposta nella successiva starting position. Questa sarà definita
solo quando, in fase efferente e sulla base dell’intenzionalità del soggetto, i due neural pathways
saranno ancora invertiti nella direzione opposta sugli assi direzionali e le informazioni trascritte in
una nuova sequenza. Comunque, per essere riutilizzate in fase efferente, le informazioni devono
essere memorizzate e categorizzate in fase afferente.
La ricerca di A. Bernardini porta ad affermare che il sincronismo delle informazioni è la
condizione essenziale per la loro memorizzazione (passaggio dall’oggettivo al soggettivo). Questo
significa che l’energia dei due spazi può essere elaborata come l’energia di uno spazio solo e che le
informazioni del mondo esterno possono diventare parte delle mappe corporee e visive e le
informazioni memorizzate divengono consce. Ciò significa, inoltre, che i due neural pathways
complementari, che sono separatamente elaborati nei due emisferi, possono appartenere alla stessa
immagine (R. Llinas) nel loro ribaltamento sugli assi direzionali. Nessuna informazione fuori
tempo entra in memoria, rimane inconscia crea deficits percettivi e cognitivi, deficits di memoria, di
attenzione e problemi psicologici.
Il sincronismo dipende: 1) dalla ripetizione delle esperienze motorie soggettive (TNGS di G.
Edelman), 2) da Hedonic centers e perciò dal meccanismi biochimici. Infatti questi ultimi, sulla
base dell’esperienza motoria, stabiliscono la velocità delle sinapsi e determinano il loro
sincronismo; perciò, alla base c’è il patrimonio genetico. Secondo A. Bernardini le informazioni
portate dallo stimolo, seguono le leggi della fisica modulate dal DNA. Questo ultimo elabora un
solo processo per mezzo del quale codifica e trascrive le informazioni del codice genetico così
come memorizza, codifica e trascrive le informazioni del processo percettivo-motorio-cognitivo.
Conoscere le leggi della fisica che regolano il processo percettivo-motorio-cognitivo significa
anche essere in grado di ricostruirlo, step by step per recuperare il perduto sincronismo tra le
informazioni dello spazio interno ed esterno.
Il metodo prende, quindi, in considerazione:
1) un sistema di riferimento reso visibile nello
spazio esterno e fisso nel tempo,
2) un’immagine spaziale definita sul sistema di riferimento,
3) una
costante propriocettiva ( passo, palleggio, oscillazione ecc.),
) uno specchio,
5) la ripetizione
dell’esperienza motoria sulla immagine spaziale stabilita,
6) la riproduzione dell’esperienza motoria
con attività grafiche e prassiche.
Secondo la teoria di A.B., la rappresentazione grafica è una delle espressioni che rappresenta
l’item dello stimolo dell’energia elaborato dal SNC. La rappresentazione grafica del sé, quindi,
acquista una particolare importanza e corrisponde alla percezione cosciente del sé del soggetto che
si rappresenta. Il corpo viene considerato come una figura solida in cui le sue dimensioni (assi
verticale, orizzontale e sagittale) e quelle dei suoi segmenti rappresentano sistemi di riferimento sui
quali l’energia muscolare è distribuita e organizzata nel suo spostamento nello spazio interno ed
esterno. Così che il soggetto può renderci consapevoli del modo in cui egli percepisce e gestisce
l’energia muscolare del suo spazio sugli assi direzionali e, per il passaggio dall’oggettivo al
soggettivo e viceversa, anche come percepisce e gestisce l’energia dello spazio esterno. Per lo stesso
motivo, anche la rappresentazione dello spazio esterno acquista la stessa importanza.

CASO CLINICO
Il soggetto
Il soggetto in questione è una ragazza di 12 anni, il suo nome ipotetico è Debora. All’età di
diciassette, diciotto mesi manifestò comportamenti che poi furono diagnosticati caratteristici
dell’autismo. Ha frequentato i vari ordini di scuola supportata dall’insegnate di sostegno e in
famiglia trova un valido sprone nella madre in particolare. Debora sa leggere e scrivere abbastanza
correttamente. Nella lettura manifesta un notevole sforzo e i suoi tempi di attenzione sono ridotti.
Nel calcolo matematico semplice mostra difficoltà. Come tutti i soggetti autistici non riesce a
guardarti dritta negli occhi, non ama essere toccata ma non ha reazioni violente se per caso la sfiori
e se le chiedi il consenso può accettare il tuo contatto. Manifesta ecolalia, comportamenti ripetitivi
che si evidenziano anche a livello emozionale; se, per esempio, si è precedentemente trovata in una
situazione da lei ritenuta pericolosa che le ha creato paura continua a ripetere questo suo stato di
animo anche mentre “è impegnata” in altre attività. La sua capacità uditiva è molto sviluppata
percepisce molto finemente i suoni della lingua inglese, per esempio, e ciò le permette di avere
un’ottima pronuncia, ama ascoltare la musica e cantare.
Materiali e Metodo
Il soggetto
il soggetto è stato sottoposto ai tests del metodo di A. B. : motori, manipolazione di immagini
spaziali (prove prassiche/vita quotidiana), percezione dello spazio interno ed esterno, graficocostruttivi.
Oltre a questi tests il soggetto fu sottoposto a un test standardizzato che consisteva nella
ricostruzione di una storia le cui informazioni dovevano essere tratte da vignette separatamente
presentate in ordine casuale. I risultati hanno portato alle seguenti osservazioni relativamente a :
A- tests motori:
1- non sa valutare le distanze.
2- non abbina i numeri ai passi: la conta è veloce e anticipa i passi che sono piccoli e veloci seppure più lenti della conta; solo se richiamata riesce a far coincidere i passi con il numero
corrispondente (non ha il concetto di quantità).
3- se invitata a camminare lungo una riga la sua andatura è tipica degli autistici ( a papera).
4- riesce a lanciare una pallina dentro ad un cerchio dopo qualche tentativo e aggiustamento
rispetto alla posizione di partenza.
5-il suo equilibrio è instabile.
B- manipolazione immagini spaziali
1-) sa fare un nodo ma il movimento è invertito, non sa allacciarsi le scarpe, nello scrivere il
numero otto inizia la sua scrittura in modo invertito così come inverte la scrittura del numero
quattro; cioè: dove un soggetto normale termina la sua scrittura, Debora inizia la sua.
2- Debora non ha una dominanza definita: infatti ruota le immagini come i mancini (da destra a
sinistra), di solito, usa la mano destra ma in alcune occasioni che richiedono risposte rapide, usa la
sinistra.
C- percezione dello spazio interno ed esterno
1)- riproduzione del sé (grafico pittorica) è stata presa in esame e per meglio analizzarla, è stata
racchiusa in un reticolo (sistema di riferimento) Fig. 1.

osservazioni rispetto all’asse verticale:
se tracciamo un asse verticale che passi tra i due occhi e lo prolunghiamo lungo tutto il reticolo che
racchiude la figura possiamo notare che:
1) la parte destra occupa uno spazio più grande rispetto
alla parte sinistra (4 a 3),
2) lo stesso asse che nella parte superiore passa tra i due occhi, nella
parte inferiore non passa al centro tra gli arti inferiori. Il sopra e il sotto del corpo non si
allineano sullo stesso asse verticale.
Osservazioni rispetto all’asse orizzontale:
se poi dividiamo l’immagine con un asse orizzontale ( e ) a metà rispetto all’asse verticale vediamo
che il punto in cui i due assi si incontrano corrisponde all’incirca all’altezza del cuore.
Se invece tracciamo un asse orizzontale ( f ) all’altezza del baricentro (cioè tra la 4° e 5° vertebra
lombare ) punto in cui il sopra del corpo è di solito distinto dal sotto, è possibile osservare che
l’asse orizzontale ( f ) è notevolmente spostato verso il basso e la parte inferiore del corpo
rappresenta appena 1/3 dell’intera altezza.
Tra gli assi orizzontali ( e ) ed ( f ), Debora rappresenta l’addome con una forma ellittica, inclinata
a sinistra per mezzo della quale collega il sopra con il sotto.
E’ curioso e sorprendente: nella sua postura si nota la stessa inclinazione del bacino.
Altre osservazioni che aiuteranno poi a capire la percezione sull’asse antero-posteriore o sagittale:
a)- la coda dei capelli disegnata sopra l’orecchio dimostra che A. non percepisce le tre dimensioni.
b)- le mani sono attaccate direttamente alle braccia (senza avambraccio).
c)- le palpebre degli occhi non sono disegnate nella parte superiore/sopra ma all’interno vicino al
naso girate di ¼ rispetto all’asse verticale.
Dalle osservazioni sopra riportate appare che Alice non è in grado di allineare nella percezione del
suo sé le informazioni sugli assi verticale e orizzontale.
2)-riproduzione del mondo esterno: invitata a rappresentare un edificio a lei di fronte lo
rappresenta con una sola dimensione (frontalmente) e in modo stereotipo. Infatti invitata a
rappresentare un altro edificio con diverse caratteristiche, Alice lo rappresenta come il precedente.
Ciò che diversifica le due rappresentazioni sono le scritte delle rispettive insegne
D-grafico-costruttivi:
1)- forme geometriche . Essa riconosce le forme geometriche più comuni e semplici (quadrato,
rettangolo, triangolo cerchio). Riesce a disegnarle sulla lavagna quadrettata di cui non tiene conto
dei quadretti (senza sistema di riferimento), ma non sa riprodurle attraverso una rappresentazione
sperimentale motoria sul pavimento, per esempio.
L’informazione visiva non si allinea/sincronizza su quella propriocettiva. La risposta motoria
non può avvalersi delle informazioni visive relative allo stesso oggetto.
E- ricostruzione di una storia con vignette messe in ordini casuale:
1)- non sa ricostruire con coerenza e coesione una semplice storia illustrata con cartoon.
In particolare, la seconda vignetta del test proposto è rimasta fuori dalla sequenza è come se fosse
qualcosa in più e, rimasta nelle sue mani, la pone in fondo.
La vignetta illustra in che modo il bambino della storia cerca di entrare in rapporto con il cane
(guadagnare la sua fiducia). In pratica A. non riesce a prendere in considerazione la comunicazione
tra il cane e il bambino: il rapporto tra il sé e gli altri.
DA QUESTE OSSERVAZIONI
è possibile sostenere che anche i deficits di Debora, sebbene soggetto autistico, sembrano
dipendere dalla mancata sincronizzazione delle informazioni visive (spazio esterno) con quelle
propriocettive (spazio interno) nel loro ribaltamento sugli assi direzionali del sistema di riferimento;
quindi, il metodo riabilitativo di A. B. fu applicato.
A tale scopo, fu ritenuto necessario:
1)- stabilire una costante propriocettiva,
2)- portare a coscienza la percezione degli arti inferiori e superiori
3)- orientarsi nello spazio
4)- orientarsi nel tempo.
5)- portare a coscienza la lateralità.
6)- percepire le tre dimensioni.
Conseguentemente e parallelamente a questi bisogni di recupero percettivo furono presi in considerazione gli obiettivi correlati alla programmazione scolastica e di seguito elencati:
1)- concetto di quantità e di numero.
2)- concetto di misura lineare (il metro).
3)- riconoscimento e ricostruzione di figure geometriche.
4)- risoluzione di semplici problemi su figure geometriche.
5)- organizzazione temporale. (ore, giorni, settimane, mesi, anni).

METODO
Spostamento nelle quattro direzioni
Nel cercare di stabilire una costante propriocettiva (il passo) D. dimostrò difficoltà di orientamento
nello spazio. Conseguentemente esperienze relative a tale percezione furono proposte.
Un punto di partenza fu stabilito sul pavimento, D. doveva spostarsi nella direzione richiesta senza
cambiare fronte. (fig. 2)

Debora è sul punto di partenza stabilito nella posizione di “ritta” con fronte alla parete A, alla
richiesta di spostarsi in avanti, essa si sposta indietro, alla richiesta di spostarsi indietro essa si
sposta in avanti; alla richiesta di spostarsi lateralmente sia a sinistra che a destra, D. in entrambi i
casi, cambia fronte e si sposta in avanti.
Conseguentemente a questa esperienza Debora dimostra di percepire le direzioni avanti e
indietro lungo l’asse sagittale ma in modo invertito, mentre lungo l’asse orizzontale il suo
spostamento è solo in avanti.
Conseguentemente a questi risultati fu necessario verificare il suo orientamento dalla posizione di
supina e prona in base alla direzione che D. dava agli arti superiori conseguentemente alla richiesta.
Sia dalla posizione supina che dalla posizione prona D. invertì il basso con il fuori; cioè: alla
richiesta porta le braccia fuori D. le porta in basso e alla richiesta di braccia in basso le porta fuori.
La conclusione fu che D. non percepisce la direzione di fuori relativa all’asse verticale
(destra, sinistra), e la direzione di basso (sopra/sotto) relativa all’asse orizzontale.

LATERALITA’

Nel tentativo di definire la lateralità e riuscire quindi a percepire in modo cosciente la parte sinistra
e destra del corpo (asse verticale) furono fatti esercizi che coinvolgessero oltre alla propriocezione
sia la vista che l’udito. Attraverso esercizi motori che rispondevano a informazioni uditive diversificate rispetto alle due parti del corpo, D. non dimostrava difficoltà a riconoscere la parte
destra e la parte sinistra ed era in grado non solo di eseguire l’esercizio ma anche di comandarlo in
modo corretto all’insegnante, per esempio. Se invece la risposta era conseguente a informazioni
visive e propriocettive, D. dimostrava il comportamento di seguito descritto:
Debora doveva eseguire sul percorso sotto illustrato (fig. 3a) 5 saltelli sul piede destro (dentro ai
cerchi) e 5 saltelli sul piede sinistro (tra le strisce appoggiate sul pavimento). Dopo l’esperienza
motoria doveva rappresentare sul suo quaderno quadrettato il percorso motorio eseguito.

la rappresentazione grafica (risposta) mise in evidenza in quale modo le informazioni erano state
elaborate e memorizzate : (vedi figura 3b)
Relativamente al tempo le informazioni memorizzate sembrano processate in modo giusto prima i
cerchi (piede destro), dopo le strisce (piede sinistro). Gli oggetti sono ordinatamente rappresentati
su due file però separate, una accanto all’altra senza alcuna correlazione. Le file sono allineate sulla
stessa linea di partenza (non c’è percezione spaziale). Ogni fila è organizzata su una sola
direzione/asse in cui la partenza è invertita con l’arrivo (dietro avanti).
Percezione temporale invertita su una sola direzione dietro-avanti (asse sagittale).
Invitata ad osservare la rappresentazione grafica del suo percorso (il suo spazio interno) e quella
raffigurata sul pavimento (spazio esterno) D. la rappresentò come nella fig. 3c. Cioè, chiamata ad
integrare/sovrapporre le informazioni del suo spazio interno/propriocettive (fig.b) con quelle visive
dello spazio esterno fig. 3a, essa non riuscì a sovrapporle; invece ruotò da destra a sinistra (come i
mancini) e dietro-avanti lungo l’asse sagittale anche la disposizione spaziale degli oggetti.
Percezione spaziale invertita su una sola direzione dietro-avanti (asse sagittale).
Il DIETRO diventa AVANTI, il DOPO diventa PRIMA sia nel tempo che nello spazio.
Invitata ad eseguire lo stesso percorso (fig. 3a) il giorno seguente, Debora rispose sul percorso della
fig. 3a come se fosse il percorso 3c ed entrò nel cerchio con il piede sinistro anziché destro;
perché?
Dai risultati dei tests, D. non riesce a sincronizzare/ le informazioni visive e somatosensitive. Nella
performance, quindi, per facilitare la sua prestazione le fu chiesto di abbinare oggetti individuati
nello spazio esterno con la parte destra e sinistra del corpo. In questo caso fu indotta a identificare
la parte destra del corpo con i cerchi e la parte sinistra con le strisce rosse. Ma in fase di risposta
dimostrò di aver memorizzato le informazioni solo relativamente al prima e al dopo. Infatti la sua
risposta sul percorso proposto fu data iniziando con il dopo (il piede sinistro). In ultima analisi ciò
che conta nel processo mentale di Debora è l’informazione temporale del quanto (LH dominante)
processata dietro-avanti in fase di disposta.
Altre esperienze portarono alla stessa conclusione ma quella più sorprendente è sotto riportata.
Nel tentativo di stabilire il passo come costante propriocettiva e di quantificare la sua lunghezza
venne introdotto il concetto di lunghezza ed il metro come unità di misura. Si arrivò,così, a costruire
il metro a “stecche” decimetro per decimetro. Debora mostrò un notevole interesse nella sua
costruzione prassica e fu invitata anche a misurare i vari oggetti e mobili che la circondavano. In
questo caso l’oggetto da misurare fu un tavolo. D. usò il metro da lei costruito per misurare il lato
del piano del tavolo che in realtà era lungo m. 1,20. Alla domanda: “il lato di questo tavolo è più
lungo o più corto di un metro”? Poiché il lato è m.1,20, la risposta che ci saremmo aspettati: “ è più
lungo”. Invece Lei rispose: “è più corto”. Ma “il suo più corto” mi resi conto che poteva riferirsi al
metro che è ultimo nella frase. Per controprova la lezione successiva dopo aver fatto le solite
misurazioni, le chiesi:”il metro è più corto o più lungo del tavolo”? Debora rispose: “ è più lungo”.
Essa, infatti, non riesce a quantificare in modo consapevole le distanze ed il suo giudizio si riferisce
alla successione temporale delle informazioni quindi all’ultimo oggetto riportato nella frase che
processa per primo nella risposta in modo invertito dietro-avanti. Per lo stesso motivo inverte il tu
con io come anche inverte la direzione dietro-avanti nella risposta motoria fi.3) ed il dopo con il
prima della successione dei giorni della settimana, per esempio.

Gioco della campana

sempre nel tentativo di portare Debora a percepire coscientemente la parte destra e la parte sinistra
del corpo insieme a suo fratello, che spesso la aiutava nelle sue esercitazioni, fu coinvolta nel gioco
della campana. Sul pavimento, aiutata, D. riuscì, a rappresentare un rettangolo diviso
longitudinalmente a metà da un asse verticale e trasversalmente da quattro assi orizzontali
egualmente distribuiti. Il rettangolo fu così suddiviso in 10 rettangoli più piccoli, cinque a destra e
cinque a sinistra dell’asse verticale, progressivamente numerati da 1 uno, punto di partenza, a 10
dieci punto di arrivo (fig.4).

Il gioco iniziò. Ogni giocatore lanciava il suo dischetto nel primo rettangolo, e, in appoggio sul un
solo piede entrava nel primo rettangolo, raccoglieva il dischetto e proseguiva sempre in appoggio
sullo stesso piede fino al rettangolo numero 5. per entrare nel rettangolo numero 6 il giocatore
faceva ¼ di giro cambiando piede e con un altro quarto di giro cambiava ancora direzione
proseguendo fino al punto di arrivo in appoggio solo sul piede opposto “a zoppichino”. Il gioco
continuava ecc. Tutto proseguì regolarmente fino a quando giunti alla sesta casella ( la prima della
metà opposta del rettangolo) D. non riusciva a lanciare il dischetto proprio in quella casella: la
prima della parte contro-laterale. Dopo un iniziale rifiuto, seguì una sua iniziativa che mi sorprese.
Debora si portò sul lato del rettangolo opposto a quello della partenza e da lì lanciò il dischetto nel
rettangolo 6 proseguendo nel suo esercizio.
Poiché non poteva ruotare dietro-avanti la figura rappresentata sul pavimento, D. fu lei stessa a
spostarsi da avanti a dietro per poter processare dietro avanti le informazioni che riceveva. Debora
ancora una volta mise in evidenza e confermò di non essere in grado di ribaltare le informazioni
lungo l’asse verticale e quello orizzontale. Infatti per poter elaborare le informazioni come il gioco
richiedeva da quella posizione di partenza era necessario essere in grado di ribaltare le informazioni da destra a sinistra, sopra sotto-sotto e avanti dietro.

Percezione dello spazio esterno

Debora fu invitata a rappresentare un edificio a lei di fronte (fig.6). La rappresentazione che D. ci
dette del ambiente esterno ci portò alle seguenti osservazioni:

1) l’edificio non ha tridimensionalità, è visto di fronte/davanti.
2) il culmine del tetto è spostato a sinistra così come la porta e l’insegna.
3) Non sembra inserito in nessun ambiente non c’è suolo, non c’è cielo.
4) Nella pagina è inserito in alto a sinistra (il culmine del tetto finisce sull’estremità del foglio).
Queste osservazioni comparate ad altre in altre performace ci portano a confermare la disparità tra i
due emi-campi visivi (destro prevale sul sinistro) e lo spostamento del punto di fissazione a sinistra.
Un mese dopo D. fu chiamata a rappresentare un altro edificio che aveva in memoria e lo
rappresentò come in (fig. 7)
E’ possibile osservare il modello stereotipo dell’edificio che viene ripetuto. Solo la scritta distingue
un edificio dall’altro. Permangono le stesse caratteristiche il punto di fissazione (culmine del tetto )
appare più centrale e i due emi-campi visivi meglio distribuiti.

la fig. 7 rappresenta la percezione dello stesso edificio della fig.6 dopo cinque mesi di trattamento.
Debora percepisce le tre dimensioni e non processa più le informazioni dietro-avanti (nota le
indicazioni da lei poste per indicare altezza, larghezza e profondità). Continua invece a percepire
una sola dimensione del tetto che processa dietro -avanti.
Rappresentazione di un quadrato conseguente a informazioni uditive
Debora, dopo aver stabilito il punto di partenza sul pavimento, ogni sei passi ad occhi bendati,
doveva spostarsi nella direzione necessaria a descrivere un quadrato (quattro direzioni) per tornare
al punto di partenza. I cambi di direzioni erano suggeriti da informazioni sonore (battute di mano).
La fronte durante l’esercizio doveva rimanere sempre la stessa. Modalità percettive interessate in
fase afferente: (udito e propriocezione).
Alla fine dell’esperienza motoria, ripetuta più volte, Debora dovette ricostruire con il “pongo” il
perimetro della figura geometrica percorsa nel suo spostamento. Nella ricostruzione prassica (fase
efferente) modalità percettive interessate (propriocezione e udito), D., dopo aver stabilito il punto di
partenza sul tavolo di lavoro, costruì il primo lato. Giunta a decidere verso quale direzione orientare
il lato successivo invertì la direzione dietro-avanti dando alla figura geometrica un orientamento
dietro-avanti.

Alla esperienza prassica seguì quella grafica, fase efferente (vista, udito): stabilito il punto di
partenza sul quaderno quadrettato, D. dovette riprodurre graficamente l’esperienza motoria. Con
sicurezza rappresentò un quadrato (6 quadretti per 6) orientando i lati nelle giuste direzioni.
Conseguentemente a questa esperienza e ad altre viste in precedenza (lateralità), è possibile
sostenere che se D. ha la possibilità di utilizzare informazioni visive e uditive riesce a dare risposte
corrette e rapide lungo l’asse sagittale ma se deve utilizzare informazioni propriocettive e uditive e/o
visive mostra difficoltà e la sua risposta è processata nella direzione dietro-avanti.
RISULTATI:
Dopo sei mesi di trattamento, Debora ha imparato a leggere l’orologio, il suo orientamento nel
tempo è migliorato, riesce a percepire le tre dimensioni del suo spazio interno e dello spazio
esterno. Costruisce sul pavimento la figura geometrica che le viene richiesta e su di essa, guidata,
riesce a risolvere semplici problemi.
Attraverso il disegno, riesce in modo autonomo a rappresentare un paesaggio con coerenza a cui
l’uso del colore conferisce vivacità e sentimento.
I livelli di performance furono valutati all’inizio e alla fine del periodo del trattamento. Essi sono
riassunti nelle tavole sotto riportate.
Le tabelle 1 e 2 mostrano i risultati ottenuti dai tests originali di A. Bernardini. Il livello di
performance fu valutato in una scala da 0 a 5 . Tre è il livello di accettabilità.
Tabella 1 risultati di recupero percettivo

Tabella 2 risultati di obiettivi correlati alla programmazione

DISCUSSIONE

Le osservazioni alle performance sopra riportate relative in particolare alle informazioni visive e
uditive, ci riconducono alle leggi della fisica che regolano l’elaborazione dello stimolo dell’energia
e, quindi in questo caso, come si propagano le onde sonore e visive.
Le informazioni uditive (onde sonore) si propagano in linea retta nello spazio (lungo le tre
dimensioni) e quindi dobbiamo pensare le onde sonore come sferiche che si irraggiano/propagano,
in linea retta, dal punto di origine del suono verso la periferia.
Il suono si propaga nei mezzi elastici fra questi prendiamo l’aria come esempio. Per capire come
questo avvenga dobbiamo considerare la struttura dell’aria. Come sappiamo questa è formata da
tante molecole unite fra loro da legami elastici. Possiamo immaginare le molecole di aria come
sfere unite ad altre sfere tramite molle. Quando un corpo vibra, comunica il suo movimento alla
prima molecola d’aria, (la prima sfera del modello). Questa molecola spostandosi in avanti “spinge”
la molecola successiva, e così via. Un attimo dopo i legami elastici, (le molle del modello),
“richiamano” in dietro la molecola nella sua posizione iniziale di equilibrio.
Al fine del nostro studio prendiamo in considerazione solo lo spostamento subito da una molecola
o quanto nell’unità di tempo starting position by starting position; cioè: uno spostamento avanti
conseguente alla spinta iniziale (fase afferente) e uno spostamento dietro in risposta alla spinta (fase
efferente). Le spinta si propaga alle altre molecole e darà poi origine all’onda sonora o sinusoide che
si propaga in linea retta nello spazio fino a che non trova un ostacolo e torna indietro.
In maniera del tutto simile si propagano le onde elettromagnetiche (luce). Vediamo, ora, come
Debora percepisce ed elabora le informazioni visive secondo la nostra teoria.

Elaborazione delle informazioni visive nei soggetti autistici

Debora, come tutti i soggetti autistici evita il contatto con gli occhi. Dai tests a e dalle esperienze
sopra descritte si può sostenere che D. non riesce a stabilire il punto di fissazione. Secondo la teoria
di A. B. per stabilire il punto di fissazione è necessario che le informazioni delle due emi-retine
nasali relative ai due punti opposti di osservazione e ai due aspetti dell’energia, elaborate dai due
emisferi contro-laterali siano in sincrono. Qualsiasi ritardo, da parte di un emisfero o dell’altro,
sposta il punto di fissazione dalla parte contro-laterale all’emisfero “in ritardo”; RH in questo caso
con spostamento a sinistra del punto di fissazione e conseguente inclinazione dell’asse verticale
(vedi occhi di Debora nella rappresentazione del suo sé ). Debora, infatti, in tutte le sue
performance, dimostra di avere l’emi-campo visivo sinistro ridotto e il punto di fissazione spostato a
sinistra; inoltre inverte il basso con il fuori. Che cosa significa tutto questo? Per tutto quello fin qui
argomentato, è possibile sostenere che Debora percepisce in modo conscio le informazioni visive:
1) solo lungo un asse direzionale (sagittale),
2) secondo un solo punto di fissazione,
3) su questo asse e secondo un solo punto di fissazione elabora un solo aspetto dell’energia: il
quanto (LH dominante).
4) Non c’è percezione delle tre dimensioni (manca il punto di fissazione capovolto relativo
all’elaborazione dell’onda/immagine spaziale che l’energia genera ).

IN CONCLUSIONE:
Il sistema di riferimento su cui le informazioni visive sono registrate non corrisponde più al sistema
di riferimento che le informazioni visive hanno in comune con le informazioni somatosensitive.
In tale sistema, gli assi direzionali si sono unificati: il punto di fissazione, il punto di origine del
movimento ed il punto d’incontro dei tre assi vengono a mancare, non è più possibile l’allineamento
delle informazioni visive (spazio esterno) e somatosensitive (spazio interno) nell’unità di tempo. Né
tanto meno è possibile la loro sincrona elaborazione come un’unica forma di energia. L’elaborazione
dello spazio interno non arriva a coscienza è impossibile il passaggio dall’oggettivo al soggettivo.
Per cui Debora elabora in modo conscio solo l’energia dello spazio esterno lungo un solo asse
secondo le leggi della fisica che regolano il propagarsi dell’energia luminosa e sonora.

Cause biologiche dell’autismo

La causa del mancato sincronismo tra le informazioni dell’ambiente esterno ed interno, secondo la
nostra teoria, deve essere ricercata nel ritardo delle informazioni somatosensitive ed in particolare
nei meccanismi che portano alla contrazione del muscolo e quindi alla gestione dell’energia dello
spazio interno.
Per questa ragione, è stato preso in esame uno dei principali neurotrasmettitori o neouromodulatori
del SNC: la serotonina o 5-Hdroxtryptamine e la sua azione diretta e indiretta sul movimento
(propriocezione) è stata analizzata.
Il neurotrasmettitore 5-HT è da tempo implicato tra le possibili cause che determinano l’autismo.
L’autismo sembra rispondere a droghe che agiscono sul sistema serotoninergico e la storia di
famiglie di soggetti affetti da autismo sono caratterizzate da disordini associati con disfunzione del
sistema 5-HT come depressione, ansia, e disordini ossessivi compulsivi (McDougle, Erikson,
Stigler, & Posey, 2005). Più recentemente in un robusto studio, Devlin et al. (2005) mostrarono che
famiglie con autismo mettono in evidenza la preferenziale trasmissione di un tipo di allele di un
gene che codifica per 5-HT trasportatore di proteine.
Attenzione è stata rivolta, quindi, alla ricerca “Serotinin”di (George K. Aghajanian; Elaine Sanders
Bush,2002) che focalizza sull’aspetto molecolare e cellulare di 5-HT receptor subtypes.
Nella prima metà dell’ultima decade, la clonazione delle più conosciute famiglie di 5-HT receptors è
stata compiuta e si è concluso che putative 5-HT receptor subtypes rappresentano separati e distinti
prodotti di gene. Più recentemente attenzione è stata rivolta ai meccanismi che regolano il processo
di trascrizione e post trascrizione e il loro meccanismo di trasduzione. È stato dimostrato che questi
meccanismi hanno il potenziale di alterare il codice genetico a livello di RNA; la risultante è la
formazione di multiple proteine isoformi che alterano la funzione del recettore e quindi i suoi
effetti elettrofisiologici sulla trasduzione del segnale.
Prenderemo in considerazione, in quanto utili al nostro studio, gli effetti elettrofisiologici correlati
al recettore 5-HT 2 G protein-cupled receptor sulla apertura e/o chiusura di canali calcio-ioni e
potassio-ioni nella trasduzione del segnale.
La scoperta di RNA editing del 5-HT receptor nell’uomo ha fornito il primo e, fin ad ora, il solo
esempio di editing di un G protein-coupled receptor. E’ stato così possibile focalizzare l’attenzione
su studi funzionali circa le proprietà intracellulari di trasmissione del segnale di 5-HT 2c receptor
isoform. Questi studi hanno mostrato che“l’edited receptor isoform” si lega con meno efficacia a Gq
Proteins. Esso manifesta una potenza agonista più bassa per attivare Posfolipase C e una ridotta
attività essenziale del recettore.
In fosfolipase C, la specifica Gq protein attivata dal primo messaggero attiva in plasma membrane
effector enzyme phospholipase C che a sua volta catalizza la scissione di un plasma membrane
fosfolipidico (Phosphotidylinositol biphosphate PiP)in Diacylglycerol (DAG) e Inositol
triphosphato (IP3). Entrambi funzionano come secondi messaggeri, ma in modo diverso.
DAG attiva protein kinase C che poi fosforila un gran numero di altre proteine, portando alla
risposta della cellula.
IP3 non agisce direttamente attivando protein kinase C ma, piuttosto, dopo il suo ingresso nel citosol, IP3 si lega, aprendoli, a calcio channels della membrana esterna del reticolo endoplasmatico
Poiché la concentrazione di calcio nell’endoplasmatico reticolo è più alta che nel citosol, il calcio si
diffonde da questi organelli nel citosol incrementando notevolmente la sua concentrazione nel
citosol stesso. L’incremento della concentrazione del calcio poi continua la sequenza di eventi che
porta alla risposta della cellula al primo messaggero.
Oltre ad aiutare l’attivazione di alcune protein kinase C, il calcio ha l’abilità di legarsi a varie
proteine del citosol alterando la loro conformazione e perciò attivando la loro funzione.
Per esempio
in certi tipi di fibre muscolari, il calcio si lega alla proteina Troponina per dare inizio alla
contrazione (cross-bridges cycling).
Che cosa permette alle cross-bridges di legarsi all’actina e cominciare il loro ciclo? Nella fibra
muscolare a riposo, la troponina e la tropomiosina insieme bloccano l’interazione delle crossbridges
con il sottile filamento (actina).
Perchè cross-bridges cycling inizi, la Tropomiosina deve essere rimossa dalla sua posizione di
blocco sull’actina. Ciò avviene quando il calcio si lega a specifici binding sides nella troponina.
Perciò, la concentrazione di calcio-ioni nel citosol determina il numero di “Tropin sides” occupati
dal calcio-ioni che a sua volta determina il numero di “actin sides” disosponibili per cross-bridges
binding.
Se come abbiamo visto, in particolare, l’azione di IP3 è ridotta o inibita a causa di una variazione
nella proteina del recettore, nel citosol della cellula muscolare ci sarà una concentrazione di calcioioni
ridotta e ridotto e/o ritardato sarà l’inizio delle cross-bridges cycling .
Poiché la famiglia di recettori 5-HT²è conosciuta essere accoppiata a fosfolipase C, è possibile
sostenere anche che la famiglia di 5-HT² receptor sia responsabile della corrente di K+ ioni verso
l’interno della cellula con conseguente iperpolarizzazione del plasma membrane.
L’apertura e la chiusura di ioni channels K+insieme alla apertura e chiusura di ioni Na+è
determinante (concentration gradients) nella generazione di azioni potenziali. Nelle scariche di
potenziali di azione c’è un continuo passaggio di ioni attraverso il plasma membrane che devono
poi ritornare alla originale posizione del potenziale di membrana a riposo grazie alla pompa
Na+/K+ -ATPase.(pag.169 human phisiology Widmaier 2004). Se ciò non avviene, come sotto
l’influenza di 5-HT 2 receptors, la concentration gradients di sodio e potassio viene a mancare e non
è più possibile la generazione di azioni potenziali.
Noi riteniamo e lasciamo ulteriore indagine e verifica alla futura ricerca, che i due fattori sopra
esposti siano la causa della ridotta o mancata trasduzione di azioni potenziali generate dal sistema
neuro -muscolare. Per questi motivi i soggetti autistici non sono in grado di percepire in modo
cosciente le informazioni relative alla gestione dell’energia del loro spazio interno; invece sono in
grado di percepire in modo cosciente le informazioni dell’energia dello spazio esterno (luce e
suoni). Le informazioni dei due spazi non possono allinearsi sul sistema di riferimento ; il passaggio
dall’oggettivo al soggettivo non è possibile.
Questa condizione causa, allo stesso tempo, deficit motori, percettivi, cognitivi e comportamenti
atipici. Deficit motori sono
rilevabili in modo particolare nei primi mesi di vita quando il movimento è la prima espressione di
relazione e comunicazione.
La tavola 3 mette bene in evidenza come quanto da noi sopra esposto corrisponda a dati rilevati da
differenti gruppi di ricerca in soggetti autistici durante i primi 24 ventiquattro mesi di vita.
. Autism Blackwell Publishing 2008 edited by Evelin Mcgregor, M. Nunez, K. Cebula, and J.C.
Go’mez.

Tabella 3

Processi di sviluppo neurale

Le cause biologiche dell’autismo condizionano, in accordo con la nostra teoria, lo sviluppo neurale
di questi soggetti. I percorsi neurali, infatti, seguono il modo in cui gli action potentials, causati
dallo stimolo dell’energia, vengono elaborati sul sistema di riferimento dal SNC. In accordo con G.
Edelman, il loro percorso è un item dinamico e adattivo; essi sono selezionati in base all’esperienza
e alla ripetitività su determinati percorsi (TNGS).
Come sopra esposto, però, nei soggetti autistici il sistema di riferimento viene alterato e su tale sistema i percorsi neurali si adattano. Sulla base dell’esperienza e della ripetitività sono selezionati
attivando aree cerebrali che possono rispondere al sistema di riferimento “usato”nell’elaborazione
dell’informazione. Studi neuro-anatomici e di neuro-immagine funzionale hanno messo in evidenza,
infatti, la diversità strutturale e funzionale del cervello nei soggetti autistici rispetto a quella
riscontrata nei soggetti normali. Per esempio, è stato rilevata la ridotta attività di neuroni a specchio.
Secondo la nostra teoria ciò sarebbe giustificato dal fatto che i neural pathways riferiti alle particelle
dell’energia (quanto) non possono ribaltarsi/riflettersi sulla onda che quelle stesse particelle causano
nell’unità di tempo quindi non si attivano o rimangono sotto-attivati. E’ stato inoltre rilevata, su
diverse sezioni, la riduzione della taglia del corpo calloso. Il CC riveste un importanza particolare
nello scambio di informazioni tra le informazioni derivate dalla elaborazione dei due aspetti
dell’energia nell’unità di tempo, ma come come sopra specificato questo scambio di informazioni è
stato notevolmente ridotto per il mancato sincronismo. Anche altre alterazioni strutturali e
funzionali rilevate nel cervelletto, prefrontal cortex, amigdala, hedinic centers ecc..siamo convinti
che una ulteriore e approfondita ricerca saprà collegarle a questa nostra ricerca.
Sotto questa prospettiva, è possibile sostenere che l’alterata attivazione di una specifica struttura
del cortex dipende non dal deficit della struttura stessa ma piuttosto dal processo di elaborazione
dell’informazione.

Processi di sviluppo cognitivo affettivo

Tenendo in considerazione il modo in cui gli autistici elaborano lo stimolo dell’energia, prendiamo
in considerazione questo processo; cioè: le fasi del loro processo cognitivo. In fase afferente (fase
uno/botton-up), essi percepiscono in modo conscio solo un aspetto dell’energia del mondo esterno
lungo un solo asse (avanti-dietro). Giunge, così, a coscienza un solo neural pathway relativo alla
elaborazione del quanto. In fase due, memorizzano solo le informazioni relative alla successione
temporale delle particelle (quanto) con uno spostamento avanti-dietro sull’asse. In fase efferente di
risposta (fase tre/top-down) ne consegue che l’unico neural pathway non può ribaltarsi, nell’unità di
tempo, sul suo complementare contro-laterale elaborato da RH (onda). Invece, si riflette su se
stesso con un percorso inverso dietro-avanti; è percepita una sola dimensione (non c’è percezione
tridimensionale. La risposta quindi diventa ripetitiva e stereotipata impossibile da riadattare in
contesti diversi. Il movimento spaziale/l’onda causato dal quanto nell’unità di tempo non arriva a
coscienza, non viene memorizzato e non è quindi possibile la sua generalizzazione, né la sua
riutilizzazione. La risposta non può avvalersi dell’intuizione (immagine spaziale precedentemente
sperimentata e memorizzata), dell’attenzione consapevole/selettiva, né tanto meno può essere
pianificata. E’ impossibile il ragionamento logico la risposta è senza senso, è una risposta causaeffetto
come nei fenomeni fisici.
Questo modo di percepire lo stimolo dell’energia ci porta a capire anche la difficoltà che questi
soggetti mostrano nel rapportarsi agli altri e a interpretare relazioni e sentimenti. Gli autistici non
riescono a percepire il soggettivo e mostrano disinteresse nell’altro e desiderio di restare soli.
L’energia del loro spazio interno non giunge a coscienza, nello stesso tempo l’energia dello spazio
esterno non entra a far parte delle loro mappe corporee e non riescono ad elaborare l’energia dei
due spazi come quella di uno spazio solo. Come afferma la nostra teoria, infatti, è la percezione
dello spazio interno, del proprio sé che rende possibile la percezione dello spazio esterno e quindi
anche quella dei nostri simili con i quali condividiamo l’elaborazione dell’energia muscolare usando
lo stesso sistema di riferimento e la stessa costante propriocettiva per interpretare i fenomeni che ci
circondano permettendoci di interagire e di intendersi. I soggetti autistici elaborano l’energia su un
sistema di riferimento diverso in cui l’unica costante possibile è la particella di energia (quanto)nel
suo spostamento nello spazio esterno nell’unità di tempo.
Potremmo dire che gli autistici
rimangono nell’oggettivo (chiusi fuori) incapaci di interagire con gli altri e di capire i loro
sentimenti. Infatti, i meccanismi biochimici determinati dai centri emozionali che influiscono sulla
velocità delle sinapsi nel processo di elaborazione dello stimolo dello spazio interno non arrivano a
coscienza e pertanto non riescono ad intervenire in questo processo. Lo stimolo percepito è uno stimolo di un evento fisico, astratto emotivamente non vissuto o parzialmente vissuto. ”Infatti in
molte relazioni i genitori riferirono di sentirsi trattati come oggetti” (S. Maestro and F. Muratori).
Affermazioni queste che sono consistenti con la ricerca di Dawson, Meltzoff and Osterling 1998.
La nostra ricerca ci ha portato a individuare e a dimostrare scientificamente le cause biologiche e i
processi di sviluppo a livello neurologico, cognitivo e affettivo nel ASD Autistic Syndrom
Disorder. L’esperienza vissuta con Debora ed i suoi sensibili miglioramenti conseguenti
all’applicazione del metodo di A.B. dopo appena sei mesi ne è già una conferma. Ulteriore indagine
è comunque necessaria. L’auspicio è che tutti i settori in cui la ricerca si è fino ad ora frammentata
per i molteplici aspetti sotto i quali l’autismo si manifesta, possano convergere ed integrarsi nella
prospettiva da noi individuata per una conoscenza più approfondita e completa allo scopo di: 1)
intervenire se possibile a livello biologico, 2) diagnosticare precocemente ASD, 3) applicare il
metodo sopra descritto anche e soprattutto in ambito scolastico da personale adeguatamente
preparato.

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